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 · Yamaha Tmax 500 i.e.
 by Gianni Maone
26.06.06

Un anno e 10.000 km sul Tmax 500ie

Premessa: da giovane fui felice possessore di una Honda CB 500 Four, che tenni come un occhio della testa fino alla vendita, il giorno dopo che nacque mio figlio, nel 1989. Fino al 2003 mai riudii il richiamo della due ruote, eccetto uno scooter 50 cc che usavo per lavoro. Poi, un giorno caldissimo di tre anni fa, mio figlio già grandicello, d’acchito decisi l’acquisto di un eccellente Burgman 400 di seconda mano, da cui fui proditoriamente sbalzato in autostrada a oltre 100 km/h. Illeso, ma pesto e molle come una bistecca, nonché recidivo e mentalmente instabile, firmai il contratto, innamorato perso, per il nuovo modello del Burghy 400, quello con l’iniezione elettronica e il contagiri. Da settembre 2003 a giugno 2004 siamo stati inseparabili e complici. Poi, l’occhio mi cadde sul Tmax…

Estetica: la prima cosa che mi colpì fu la linea felina. Nervosa, asciutta, muscolosa, tesa. Agilità e potenza. La seconda, il gommone posteriore. “A cosa servirà il cavalletto?” pensai. La terza, i fari e la quarta lo scarico: l’immagine del vento.

Cruscotto e comandi: non manca niente: tachimetro, contagiri (no, non serve, ma ci sta d’incanto), spie fari, spie indicatori di direzione, spie anomalie motore, display digitale con livello carburante, temperatura motore, trip, odometro e percorrenza in riserva. Orologio e temperatura esterna. No, quest’ultima non c’è, ma se ci fosse stata io personalmente avrei gradito proprio volentieri. Come? Se si illumina il cruscotto? O che pensavi, che restasse buio? E’ proprio bello, illuminato. Anche spento, eh, col fondo degli strumenti bianco… C’è anche il freno a mano, sotto la manopola sinistra. Fa di molto comodo. E se ci fosse stato il cambio sequenziale come nel Burgman 650…

Vano bagagli e sportello nel retroscudo: avvezzo com’ero al sottosella (55 litrozzi belli belli e avanzava anche un quartino) e ai ripostigli del mio amato Burghy, là per là rimasi spiacevolmente sorpreso: un caschino, una tutina antipioggia e basta? Ma così è se vi pare (e anche se non vi pare). Vuoi la coda che fila e il gommone che nessun’altro scooter (?) monta? Allora hai il vano che meriti. A saperlo sfruttare bene, però, rivela doti di capienza insospettate. Un integrale, uno zainetto con la tuta e la trousse dei documenti, i guanti, un lucchettone da bici per assicurare due caschi, due paia di occhiali, un flacone di fast, uno di spray per le visiere e uno antiappannante. Ah, e un lenzuolo da una piazza, per quando mi capita di lasciar la creatura al sole. Si, sono pignolo… Dimenticavo: ripiegato bene ci sta anche un giubbotto. Difettino: la chiusura della sella è un pochino ostica. Va usata accortezza. Nello sportellino del retroscudo, fazzolettini umidi, cerotti e uno straccetto.

Posizione di guida: rispetto al Burghy, che ha una seduta di rara comodità, il Timmy obbliga a una posizione più motociclistica in senso stretto che, perlomeno le prime volte, in caso di viaggio lungotto, può stancare. Però, se posso osare, il Burgman è una… Mercedes e il TMax una… Porsche. Va da sé che questo tipo di guida offra un migliore controllo del mezzo. La sella, per la gioia di mia moglie che è bella e alta (almeno se leggerà questo scartafaccio sarà contenta), permette di star sullo stesso piano. E non è nemmeno dura dura come ho letto da altre parti. Inoltre, non manca spazio né per il pilota né per il passeggero. Se, anche qui, devo proprio trovare un difetto, direi l’altezza da terra. Quattro o cinque centimetri in meno o, meglio ancora, una diversa sagomatura della sella nella zona coscia del pilota, avrebbero migliorato la situazione.

Statica: sono convinto che sul Burghy sia impossibile non appoggiare bene e completamente i piedi a terra anche per chi non è molto alto. Sul Timmy, invece, causa anche la larghezza del sellone, le persone sotto l’uno e ottanta possono avere qualche difficoltà a toccar bene terra, ma, in compenso, le manovre da fermo risultano molto più agili, vista la diversa (e migliore) sistemazione del blocco motore.

Dinamica: Ecco, ci siamo. Metti in moto, e il brontolio di tuono lontano del bicilindrico lascia poco spazio all’immaginazione. In sella e via. Una curva, un’altra e un’altra ancora. Eccitante, direi, per ricondurre il tutto ad un solo aggettivo. Nei tratti guidati anche qualche motocicletta paga dazio. I freni funzionano egregiamente, la stabilità (perfetti il telaio e la disposizione centrale del motore) è granitica e i curvoni autostradali allegramente percorsi vengono perfettamente disegnati senza sbavature né ondeggiamenti. Forcella anteriore e forcellone posteriore (non regolabile, peccato) copiano implacabilmente l’asfalto, trasmettendo una piacevole sensazione di sicurezza. Anche i grossi autoarticolati non infastidiscono più di tanto. Difettino: prende la mano, miseriaccia! Sta di fatto che il modo in cui lo si usa è unico e senza rendersene conto ci si trova a guidare in modo più sportivo del solito. Ci vuole un pizzico di attenzione, sì. L’erogazione della potenza è sempre sincera. Niente strappi né tentennamenti. Il bicilindrico ronfa pigro fino agli 80 km/h. Pare quasi svogliato, come uno scolaro bravo davanti a un compitino facile facile. Dopo, comincia a ruggire e bisogna stare attenti al cavalletto centrale che va a toccare facilmente l’asfalto in caso di piega decisa. Come velocità massima, l’ago del tachimetro si adagia sui 180, ma teniamo conto dello scarto. Ecco, a me entusiasma sentire il motore rispondere fedelmente anche intorno ai 120 km/h. Ma bisogna chiudere il gas… Oltre i 100/110 la sferza dell’aria può provocare ritorni intorno alla vita del pilota. La protezione dall’acqua… non lo so, perché quando minaccia acqua o piove già non lo prendo davvero!

Consumi: più che accettabili. Se si riesce a non stuzzicare la belva, si fanno oltre 20 km/litro. Diversamente, si scende intorno ai 17/18. A voler trovare il solito difettino, un serbatoio con un paio di litri in più non avrebbe scomodato mica…

Costo tagliandi: 98,oo €. ai 1.000 km, 45,oo ai 5.000 e 100,oo ai 10.000.

Conclusioni: Nessuno come il TMAX. La moto totale ampiamente auspicata è già sulla strada da un pezzo. Sì, costa caro, ci si potrebbe comprare una bella motocicletta… Una motocicletta, sì. Ma non un mezzo universale. Un mezzo che ti fa andare in ufficio, a zonzo con la mogliera o il figliolo, sui tornanti del Muraglione da solo, alla Coop… Ma perché Yamaha ha tolto il giallo dalle colorazioni? Il mio è il Blue Stone, ma giallo… quasi quasi….

Testo e foto: Gianni Maone

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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