Un
anno e 10.000 km sul Tmax 500ie
Premessa: da giovane
fui felice possessore di una Honda CB 500 Four,
che tenni come un occhio della testa fino alla vendita,
il giorno dopo che nacque mio figlio, nel 1989.
Fino al 2003 mai riudii il richiamo della due ruote,
eccetto uno scooter 50 cc che usavo per lavoro.
Poi, un giorno caldissimo di tre anni fa, mio figlio
già grandicello, d’acchito decisi l’acquisto
di un eccellente Burgman 400 di seconda mano, da
cui fui proditoriamente sbalzato in autostrada a
oltre 100 km/h. Illeso, ma pesto e molle come una
bistecca, nonché recidivo e mentalmente instabile,
firmai il contratto, innamorato perso, per il nuovo
modello del Burghy 400, quello con l’iniezione
elettronica e il contagiri. Da settembre 2003 a
giugno 2004 siamo stati inseparabili e complici.
Poi, l’occhio mi cadde sul Tmax…
Estetica:
la prima cosa che mi colpì fu la linea felina.
Nervosa, asciutta, muscolosa, tesa. Agilità
e potenza. La seconda, il gommone posteriore. “A
cosa servirà il cavalletto?” pensai.
La terza, i fari e la quarta lo scarico: l’immagine
del vento.
Cruscotto e comandi:
non manca niente: tachimetro, contagiri (no, non
serve, ma ci sta d’incanto), spie fari, spie
indicatori di direzione, spie anomalie motore, display
digitale con livello carburante, temperatura motore,
trip, odometro e percorrenza in riserva. Orologio
e temperatura esterna. No, quest’ultima non
c’è, ma se ci fosse stata io personalmente
avrei gradito proprio volentieri. Come? Se si illumina
il cruscotto? O che pensavi, che restasse buio?
E’ proprio bello, illuminato. Anche spento,
eh, col fondo degli strumenti bianco… C’è
anche il freno a mano, sotto la manopola sinistra.
Fa di molto comodo. E se ci fosse stato il cambio
sequenziale come nel Burgman 650…
Vano bagagli
e sportello nel retroscudo: avvezzo com’ero
al sottosella (55 litrozzi belli belli e avanzava
anche un quartino) e ai ripostigli del mio amato
Burghy, là per là rimasi spiacevolmente
sorpreso: un caschino, una tutina antipioggia e
basta? Ma così è se vi pare (e anche
se non vi pare). Vuoi la coda che fila e il gommone
che nessun’altro scooter (?) monta? Allora
hai il vano che meriti. A saperlo sfruttare bene,
però, rivela doti di capienza insospettate.
Un integrale, uno zainetto con la tuta e la trousse
dei documenti, i guanti, un lucchettone da bici
per assicurare due caschi, due paia di occhiali,
un flacone di fast, uno di spray per le visiere
e uno antiappannante. Ah, e un lenzuolo da una piazza,
per quando mi capita di lasciar la creatura al sole.
Si, sono pignolo… Dimenticavo: ripiegato bene
ci sta anche un giubbotto. Difettino: la chiusura
della sella è un pochino ostica. Va usata
accortezza. Nello sportellino del retroscudo, fazzolettini
umidi, cerotti e uno straccetto.
Posizione di guida:
rispetto al Burghy, che ha una seduta di rara comodità,
il Timmy obbliga a una posizione più motociclistica
in senso stretto che, perlomeno le prime volte,
in caso di viaggio lungotto, può stancare.
Però, se posso osare, il Burgman è
una… Mercedes e il TMax una… Porsche.
Va da sé che questo tipo di guida offra un
migliore controllo del mezzo. La sella, per la gioia
di mia moglie che è bella e alta (almeno
se leggerà questo scartafaccio sarà
contenta), permette di star sullo stesso piano.
E non è nemmeno dura dura come ho letto da
altre parti. Inoltre, non manca spazio né
per il pilota né per il passeggero. Se, anche
qui, devo proprio trovare un difetto, direi l’altezza
da terra. Quattro o cinque centimetri in meno o,
meglio ancora, una diversa sagomatura della sella
nella zona coscia del pilota, avrebbero migliorato
la situazione.
Statica:
sono convinto che sul Burghy sia impossibile non
appoggiare bene e completamente i piedi a terra
anche per chi non è molto alto. Sul Timmy,
invece, causa anche la larghezza del sellone, le
persone sotto l’uno e ottanta possono avere
qualche difficoltà a toccar bene terra, ma,
in compenso, le manovre da fermo risultano molto
più agili, vista la diversa (e migliore)
sistemazione del blocco motore.
Dinamica:
Ecco, ci siamo. Metti in moto, e il brontolio di
tuono lontano del bicilindrico lascia poco spazio
all’immaginazione. In sella e via. Una curva,
un’altra e un’altra ancora. Eccitante,
direi, per ricondurre il tutto ad un solo aggettivo.
Nei tratti guidati anche qualche motocicletta paga
dazio. I freni funzionano egregiamente, la stabilità
(perfetti il telaio e la disposizione centrale del
motore) è granitica e i curvoni autostradali
allegramente percorsi vengono perfettamente disegnati
senza sbavature né ondeggiamenti. Forcella
anteriore e forcellone posteriore (non regolabile,
peccato) copiano implacabilmente l’asfalto,
trasmettendo una piacevole sensazione di sicurezza.
Anche i grossi autoarticolati non infastidiscono
più di tanto. Difettino: prende la mano,
miseriaccia! Sta di fatto che il modo in cui lo
si usa è unico e senza rendersene conto ci
si trova a guidare in modo più sportivo del
solito. Ci vuole un pizzico di attenzione, sì.
L’erogazione della potenza è sempre
sincera. Niente strappi né tentennamenti.
Il bicilindrico ronfa pigro fino agli 80 km/h. Pare
quasi svogliato, come uno scolaro bravo davanti
a un compitino facile facile. Dopo, comincia a ruggire
e bisogna stare attenti al cavalletto centrale che
va a toccare facilmente l’asfalto in caso
di piega decisa. Come velocità massima, l’ago
del tachimetro si adagia sui 180, ma teniamo conto
dello scarto. Ecco, a me entusiasma sentire il motore
rispondere fedelmente anche intorno ai 120 km/h.
Ma bisogna chiudere il gas… Oltre i 100/110
la sferza dell’aria può provocare ritorni
intorno alla vita del pilota. La protezione dall’acqua…
non lo so, perché quando minaccia acqua o
piove già non lo prendo davvero!
Consumi:
più che accettabili. Se si riesce a non stuzzicare
la belva, si fanno oltre 20 km/litro. Diversamente,
si scende intorno ai 17/18. A voler trovare il solito
difettino, un serbatoio con un paio di litri in
più non avrebbe scomodato mica…
Costo tagliandi:
98,oo €. ai 1.000 km, 45,oo ai 5.000 e 100,oo
ai 10.000.
Conclusioni:
Nessuno come il TMAX. La moto totale ampiamente
auspicata è già sulla strada da un
pezzo. Sì, costa caro, ci si potrebbe comprare
una bella motocicletta… Una motocicletta,
sì. Ma non un mezzo universale. Un mezzo
che ti fa andare in ufficio, a zonzo con la mogliera
o il figliolo, sui tornanti del Muraglione da solo,
alla Coop… Ma perché Yamaha ha tolto
il giallo dalle colorazioni? Il mio è il
Blue Stone, ma giallo… quasi quasi….
Testo e foto: Gianni
Maone
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