Ci eravamo lasciati
all'anteprima dal Motorshow
di Bologna 2001, da allora è passato poco più
di un anno e la gamma Madison ha ricevuto un restyling
e una ridefinizione delle cilindrate, ora concentrate
in 125, 200 e 400cc.
Eccoci quindi alla pubblicazione del test completo, del
modello di punta, avvenuto al finire del 2002, fra piogge
torrenziali, freddo pungente e qualche isolata giornata
di sole.
Tutta la redazione era molto ansiosa di 'mettere le mani'
su uno dei pochi 400cc disponibili sul mercato, caratterizzato
da un azzeccato rapporto fra dimensioni- prestazioni-prezzo,
tanto da farne un mezzo potenzialmente 'totale'. Non troppo
maxi da rimanere intrappolato nel traffico, ma con prestazioni
tali da invogliare ad un turismo anche a largo raggio,
sborsando una cifra abbordabile ai più. Quindi,
fra un 'giretto' e l'altro, ci siamo sparati oltre 3000km,
che veniamo a raccontarvi.
LINEA
Premiato come esempio di "good design" dal Chicago
Athenaeum Museum of Architecture and Design, fin dalla
sua prima apparizione nel 1998 ha imposto una linea personale
ed elaborata, molto caratterizzata nel frontale e nel
gruppo frecce/retrovisori che ha però anche ricevuto
critiche funzionali. A metà del 2002, con il modello
S200, ecco il restyling di tipo estetico e funzionale,
con linee più tese nella parte centrale e posteriore,
il riposizionamento degli specchi retrovisori e il ridimensionamento
delle frecce, senza stravolgere, anzi affinando lo stile
precedentemente imposto.
L'obiettivo pare raggiunto: ora il Madison risulta più
affilato e moderno, avendone anche guadagnato in funzionalità.
Nel caso del 400 poi, la corposità del motore e
della marmitta cromata, suggeriscono quelle prestazioni
che verranno poi confermate nell'uso su strada.
Qualche appunto va alle numerose prese d'aria, vere e
posticce, distribuite su frontale e motore che appesantiscono
la linea, e al 'finto telaio in alluminio' richiamato
dalla plastica argento sul tunnel che il Madison condivide
con quello, altrettanto posticcio, montato sullo Yamaha
Tmax.
Tre i colori disponibili, l'argento artic metallizzato
del nostro esemplare e due tonalità di blu, il
blu horizon metallizzato ed il blu lord metallizzato.
STRUMENTAZIONE
Totalmente rinnovata nella grafica, completissima, ma
forse troppo ispirata alle linee 'giovaniliste' dei gloriosi
cinquantini F10 ed F12.
Posizionata ancora troppo in basso rispetto alla visuale
del pilota, si compone di quattro elementi circolari simmetrici.
Quelli più esterni segnalano: a sinistra la quantità
di carburante disponibile, compresa la spia della riserva;
a destra la temperatura del liquido refrigerante. I più
grandi e centrali contengono: a sinistra tachimetro in
km/h e mph, spie anabbaglianti, abbaglianti e frecce;
a destra un display digitale con indicazione di velocità,
numero giri motore, ora, contachilometri totale e parziale,
temperatura ambiente, spia ghiaccio, carica della batteria
e km mancanti al cambio olio programmato. Le numerose
funzioni vanno selezionate con una comoda levetta al manubrio,
ma sono visibili solo una alla volta, richiedendo numerose
pressioni per ottenere quella desiderata. Il consiglio
è di operare da fermi e mai durante la guida, per
non incorrere in pericolose distrazioni.
COMANDI
I comandi al manubrio sono rimasti gli stessi della serie
precedente, colorati ed intuitivi come quelli testati
sul modello
da 180cc. Allo steso modo le leve freno risultano
troppo distanti dalle manopole e piuttosto dure da azionare,
rendendo la vita difficile a chi non ha mani da 'cestista'.
Appaiono finalmente gli specchi retrovisori nella consueta
posizione al manubrio, in sostituzione di quelli, troppo
bassi e sporgenti, della versione precedente: offrono
una migliore visibilità, anche se risultano appena
troppo vicini al pilota.
Manca il freno a mano, la cui carenza si fa più
evidente visto l'incremento di peso rispetto al resto
della gamma.
Con la chiave d'accensione si può inserire il bloccasterzo
e comandare l'apertura della sella, in modo più
efficace che nell'R180, in compenso la chiusura richiede
una notevole cura per far combaciare i meccanismi.
Comodi e di facile azionamento i cavalletti centrale e
laterale, quest'ultimo con blocco di sicurezza dell'avviamento.
C'è anche un utile gancio solidale al telaio per
assicurare il Madison ad un palo, durante le soste prolungate.
VANI BAGAGLIO
Sempre numerosi, anche se dallo sfruttamento non ottimale,
offrono un buon volume complessivo.
Nella plancia troviamo uno sportello con serratura che
cela due vani di modeste dimensioni, una presa di corrente
a 12 volt e la scatola dei fusibili. Appena sopra uno
sportellino a scatto per il biglietto autostradale o gli
occhiali da sole. Nel tunnel centrale un pozzetto a chiave
ospita gli scarni attrezzi di bordo e, volendo, anche
qualcos'altro. Il baule vero e proprio sotto la sella
è ampio, ma dall'andamento piuttosto irregolare,
ospita un casco integrale ed un demi-jet, ma non una 24ore
rigida. La sella viene tenuta aperta da un ammortizzatore,
ma l'interno del baule è solo parzialmente rivestito
e la piccola luce, nel nostro esemplare, non funzionava.
Lo spoilerino posteriore funge da base per il montaggio
della piastra portabauletto, senza antiestetiche staffe
aggiuntive.
CICLISTICA
La struttura è rimasta la stessa, ma è stata
irrobustita nei punti giusti e sono cambiate alcune quote
per ospitare il motore di maggior cubatura e reggere all'incremento
di prestazioni.
Il telaio in tubi d'acciaio si avvale del motore come
elemento oscillante al retrotreno, abbinato a due nuovi
ammortizzatori a gas regolabili nel precarico realizzati
da Paioli. Anche la forcella anteriore a perno trascinato
con steli da 36mm è prodotta da Paioli. L'escursione
delle ruote è di 90mm davanti e 87mm al posteriore.
Le ruote sono, come tradizione, da 13 pollici: 120/70
all'anteriore come per le altre cilindrate, mentre la
gomma posteriore cresce a 140/60. Il produttore è
anche in questo caso Maxxis.
Ritorna la frenata di tipo integrale, come sul 250cc (ormai
uscito di produzione), ma con impianto maggiorato: disco
da 270mm all'anteriore con pinza a tre pistoncini e disco
da 240mm al posteriore con pinza a singolo pistoncino.
La frenata va impostata utilizzando normalmente la sola
leva sinistra, che comanda un pistoncino anteriore e quello
posteriore, coadiuvandola con la leva destra per ottenere
frenate più incisive.
L'interasse è cresciuto a 1495mm, ma sempre notevolmente
contenuto se si guarda al concorrente diretto, il Suzuki
Burgman 400. Anche le dimensioni sono a livello di 250cc:
lunghezza 2070mm, larghezza di 810mm, altezza 1460. Contenuto
anche il peso che si ferma a 178kg effettivi. Differente
il discorso dell'altezza sella da terra, posta a 820mm,
che farà la felicità dei più alti
e creerà qualche problema a chi non supera i 170cm.
Sempre 12 i litri contenuti nel serbatoio carburante,
sufficienti nelle versioni di minore cilindrata, un po'
meno per le esigenze del nuovo propulsore. Comodo il posizionamento
del tappo nell'anteriore della sella, che non obbliga
a scendere per fare rifornimento, meno lo sportellino
che lo protegge, troppo fragile e dalla chiusura approssimativa.
Sembra migliorata la qualità delle plastiche e
la precisione degli accoppiamenti, più vicina agli
standard giapponesi.
MOTORE
La produzione di motori scooteristici è concentrata
in un ridotto numero di Aziende, localizzate principalmente
in Italia e in oriente, Malaguti ne ha selezionata una
per ogni cilindrata, utilizzando Minarelli/Yamaha per
il 125, Piaggio per il 200cc e Franco
Morini per il 400cc. L'interessante propulsore
bolognese è montato in esclusiva sul Madison, e
permette un abbinamento 100% emiliano, in barba alla mondializzazione!
Il propulsore ha un'architettura non dissimile dal diretto
concorrente Suzuki: monocilindrico orizzontale, raffreddato
ad acqua, con distribuzione monoalbero a camme in testa
e quattro valvole. La cilindrata effettiva è di
383cc, ottenuta con un alesaggio di 86mm per una corsa
di 66mm. Monta un carburatore Bing da 33mm e naturalmente
dispone di cambio a variazione continua. I dati di potenza
e coppia massime sono rispettivamente: 23kW
a 7000 giri e 34Nm a 5750
giri, valori di assoluta tranquillità che mettono
al sicuro sulla longevità del prodotto, ma del
tutto allineati alla concorrenza. L'impianto di scarico
catalizzato risponde alle normative antinquinamento 'Euro
2'.
CONCLUSIONI 'STATICHE'
Una linea intrigante, un'estesa carenatura e numerosi
vani bagaglio, abbinati ad una ciclistica tradizionale
e compatta per un peso inferiore ai 180kg, con un propulsore
da 23kW, rappresentano tutto quello di cui si ha davvero
bisogno per gli utilizzi più disparati: dal tragitto
casa-lavoro, fino alla vacanza in coppia in giro per l'Europa.
Basta non avere troppa fretta e godersi il viaggio. Completano
i pregi la frenata integrale ed una completissima strumentazione.
Fra i difetti si possono elencare: la ridotta cura e sfruttabilità
dei vani bagaglio, qualche elemento stilistico 'colorito',
una ridotta escursione delle sospensioni e poco altro.
Un bilancio che fino ad ora sembra pendere in modo significativo
a favore dei pro e che rimandiamo, per un giudizio complessivo,
al termine della prova dinamica, a presto...
Testo: Fabrizio
Villa
Foto: Fabrizio Villa, originali Malaguti
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